Podere Il Castellaccio…a Roma

 

È una caldissima giornata di giugno ed io sono completamente vestita di bianco, anche il cappello è bianco. Con il mio outfit mi confondo tra i mille turisti che incontro. Percorro le vie della mia storia, che sono poi anche un po’ quelle della storia di Roma. Piazza Barberini, via Rasella, Piazza Fontana di Trevi, via dei Pastini, il Pantheon e finalmente arrivo a destinazione. Via della Scrofa. Una delle strade più antiche della città. Le prime notizie riguardanti questo luogo risalgono al 29 a.C., anno d’inizio del cantiere per il Mausoleo voluto da Cesare Augusto.

A via della Scrofa, c’è il Ristorante Alfredo.  Più di cento anni di storia documentata dalle mille e più foto che tappezzano ogni centimetro di tutti i muri del locale. Immagini autografate di attori e attrici, sportivi e cantanti accompagnano le Fettuccine Alfredo e tutti gli altri piatti del menù.

Entro nel locale e mi dirigo verso sinistra. Arrivo in una graziosa e appartata saletta. Il resto del locale è pieno di persone di ogni nazionalità che si godono un momento di gusto e di puro relax senza tempo, una coccola vera e propria. La piccola sala è riservata alla presentazione dell’azienda agricola Podere Il Castellaccio di Alessandro Scappini. Non siamo molti, siamo forse poco più di una decina di persone tra giornalisti, agenti commerciali, responsabile ufficio stampa e produttore in persona, tutti intorno a un enorme tavolo quadrato. Dopo un delizioso aperitivo di benvenuto agli ospiti, il responsabile di sala Marco Zambardi da inizio alle danze…ops, al pranzo. Curiosa e speranzosa, do un’occhiata al nostro menù e trovo le famose Fettuccine Alfredo. Non potevo non assaggiarle. Piatto centenario, un mito dell’arte culinaria romana conosciuto e apprezzato dal jet-set internazionale, di una semplicità disarmante: solo fettuccine fatte a mano, Parmigiano Reggiano stagionato e burro altoatesino. Ovviamente, il segreto c’è ma non ci viene svelato.

Podere Il Castellaccio si trova in Toscana a Castagneto Carducci, nel cuore di Bolgheri. Alessandro Scappini ne rappresenta l’attuale terza generazione di vignaioli proprietari. Occorre, però, fare un salto nel passato per ripercorrere la storia della tenuta. Luigi Corradini, nonno materno di Alessandro, negli anni ’60 rileva la proprietà adagiata sulla collina di Segalari. A quel tempo, la località non era ancora conosciuta a livello internazionale: nessuna notorietà, solo tanta passione, quella di un uomo profondamente innamorato della sua terra. Luigi vuole riscoprire le antiche uve autoctone della zona del Chianti: Pugnitello, Foglia Tonda e Sangiovese danno vita alla prima piccola produzione di vini della giovane azienda. Anni dopo, la proprietà passa al figlio Roberto che prosegue l’opera del padre. Nel 2009, il nipote Alessandro fonda Podere Il Castellaccio e nel 2020 lo converte al biologico. Nel frattempo, la zona di Bolgheri acquista quell’enorme notorietà che tutt’oggi risuona vivida e inossidabile in tutto il mondo. Alessandro potrebbe scegliere la via più breve e facile verso il successo, quella disegnata dalla fama enoica dei luoghi, ma opta per il percorso che sente più suo, anche se più difficile: recupera i vitigni autoctoni coltivati da nonno Luigi, puntando sulla diversificazione e sulla qualità. <<Non si è trattato di una scelta facile, senza dubbio>> racconta Alessandro <<ma è il mio tributo di rispetto nei confronti di questo territorio, di questa tenuta e di mio nonno che negli anni ’60 la acquistò quando ancora il mito della DOC Bolgheri era lontano dal nascere e dall’affermarsi. Quando ho deciso di subentrare alla guida de Il Castellaccio ho scelto di non espiantare i vecchi vigneti, ma di farne il canovaccio su cui scrivere il nostro futuro. È per questo che mi sento molto più un custode che un proprietario. Senza la storia della mia famiglia, di mio nonno Luigi e di mio zio Roberto non sarei qui>>.  

L’impronta di pulizia ed eleganza dei vini del Podere Il Castellaccio è già evidente con il primo vino degustato, il Ardiglione Bolgheri DOC Vermentino 2021. Vermentino in purezza, vendemmiato a settembre. La gran parte delle uve fermenta in vasche d’acciaio a temperatura controllata con lieviti selezionati e matura sulle fecce nobili per quattro mesi. Una piccola selezione di grappoli baciati dal sole fa criomacerazione e fermentazione in barrique di rovere francese con maturazione sur lies fino all’assemblaggio con il vino in acciaio. Filtrazione e imbottigliamento entro la primavera successiva. Una volta nel bicchiere, il vino cattura per il suo splendido color giallo paglia. Al naso inebria con piacevoli sensazioni di frutta fresca estiva, arancia, fiori profumati e macchia mediterranea. Il sorso è agile, di grande equilibrio, con fresca nota sapida che sottolinea il ricordo del vicino mare.

Le vigne di provenienza di tutte le uve usate per la produzione dell’intera gamma di vini sono in pieno sole, come tutta la zona di Bolgheri. I terreni di scisto di galestro e argilla blu, risultano poco fertili. Le viti hanno lunghe radici che vanno alla ricerca dell’acqua in profondità.

Si prosegue con Dinostro IGT Toscana 2020. Primo anno di produzione il 2011, è sangiovese al 100% vendemmiato a fine settembre. Il 5% delle uve è a grappolo intero, le altre sono diraspate. Criomacerazione, poi fermentazione alcolica con lieviti indigeni e malolattica in botti da 20 ettolitri. Sosta in legno per 12 mesi. Dopo l’imbottigliamento, il vino riposa altri 6 mesi in bottiglia. Vestito di un bel rubino trasparente, sfodera un’ampia e fresca fruttuosità di mora e ciliegia profumata al pepe nero. Vino teso e giovane, dal tannino gentile e di bella beva, con potenziale d’invecchiamento di qualche anno.

Poi vengono serviti altri due vini a IGT.

Valente IGT Toscana 2019 è 75% sangiovese, 20% pugnitello e 5% foglia tonda, tre periodi vendemmiali diversi tra fine settembre e inizio ottobre. Fermentazioni separate con lieviti indigeni: sangiovese e foglia tonda in botti grandi di rovere sloveno, pugnitello in cemento. Macerazione sulle bucce di circa due settimane. Svinato e assemblato, il vino sosta ancora 12 mesi in botti. Dopo l’imbottigliamento, prosegue l’affinamento in vetro per altri 12 mesi. Blend di antichi vitigni autoctoni, un unicum in territorio bolgherese. È accattivante nel bicchiere, rubino di buona trasparenza e bella consistenza. Allegre note di ciliegia e delicata speziatura solleticano l’olfatto. Al palato è agile con tannino giovane, di buona morbidezza. Chiusura estesa fresco sapida.

Somatico IGT Toscana 2019. Solo pugnitello vendemmiato a inizio ottobre. Fermentazione in vasche di acciaio con lieviti indigeni. Macerazione sulle bucce di circa due settimane e svinatura. Sosta in tonneau da 500 litri per 12 mesi, imbottigliamento e ulteriore affinamento di 12 mesi in vetro. Il vino è di color rubino scuro, concentrato. Si pone gentilmente ai sensi: speziata fruttuosità rossa al naso, tannino vivo e morbida agilità in bocca.

Le etichette sono tutte create da Andrea Carciola, pittore di Castagneto Carducci.

Gli ultimi due vini serviti sono a DOC. Due purosangue.

Orio Bolgheri DOC 2019 è un blend 60-30-10% di cabernet sauvignon, merlot e syrah vendemmiati a settembre. La vinificazione avviene in vasche di acciaio inox a temperatura controllata di 28°C per 20 giorni. Malolattica spontanea, quindi affinamento di 12 mesi in tonneau da 5 ettolitri di rovere francese, poi ulteriori 6 mesi in bottiglia. Un bel rubino pieno per un connubio di potenza e finezza che si esprime tra aromi di ciliegia e mora in confettura, pepe e cacao. Rotondo e di carattere al gusto, tannino stiloso e ottima beva.

Il Castellaccio Bolgheri Superiore DOC 2019 è l’haut de gamme dell’azienda. Cabernet sauvignon e pugnitello, 95 e 5%, vendemmiati a settembre. Fermentazione con lieviti indigeni in vasca d’acciaio inox a temperatura controllata e macerazione sulle bucce di 45-50 giorni. Affinamento 12 mesi in barrique di rovere francese, altri 12 mesi in anfora cava d’impasto ceramico e ancora 6 mesi in vetro dopo l’imbottigliamento. Dall’incontro del presente con il passato nasce, dunque, questo vino unico e complesso. Rubino impenetrabile e denso con un gran ventaglio olfattivo giocato su aromi di speziatura scura e dolce, balsamicità e marmellate di more e di amarene. Sorso morbido, equilibrato, potente e fine con tannino raffinato. Estrema piacevolezza.

 

Ad Meliora et Ad Maiora Semper.

 

Stefania Belcecchi