SMART WINE TASTING: L’AZIENDA BARONI CAPOANO

 


Sono al mio secondo webinar con il Gourmet Club Albussilan di Correggio. Ormai, so come si fa. Sbircio sul web e sulla brochure per avere notizie della nuova azienda, osservo le etichette dei vini, sempre un bianco e un rosso, quindi assaggio il vino in due momenti separati, da sola e in collegamento. L’azienda Baroni Capoano è a Cirò Marina. Terra di storia, mare e vigne. La famiglia è antichissima, annovera illustri avi in campo scientifico, storico, giuridico, artistico ed ecclesiastico. Mentre gli anni 90 stanno chiudendo il secolo, Raffaele Capoano, medico chirurgo, subentra al padre nella gestione della tenuta. Fino al 2005, quando il timone passa al figlio Massimiliano: decisivo è il suo apporto in modernità pur mantenendo integro il carattere familiare dell’azienda, che ama definire la "grande famiglia".

Passo ad altro, osservo le bottiglie. Le etichette sono garbate e identificative, a tre colori. Una rosa in grigio e il nome del vino in verde oppure una piuma di gabbiano in grigio e il nome in rosso magenta, su sfondo bianco per entrambe i vini. Dop e logo in argento. Annata, descrizione e dicitura vino biologico nella retroetichetta.

All’improvviso, nella mia mente si fa spazio il ricordo di un’esperienza passata. E’ l’estate del 2013. Vengo inviata dalla testata con cui collaboro a partecipare ad un press tour in Calabria, a Cirò Marina. Tra mare e vigne, visito aziende e degusto vini. L’indomani, mi concedo un fuori programma con i fiocchi. Vado in spiaggia di buon ora e faccio il bagno in quell’acqua cristallina, fredda e rigenerante. Quale miglior modo per iniziare una lunga giornata? Poco più tardi, inizia la conferenza. E’ la presentazione di un’importante ricerca ampelogenetica tesa a districare la matassa dei vitigni calabresi. Anna Schneider, ricercatrice del CNR, e l’enologo Donato Lanati illustrano il gran lavoro di recupero del germoplasma di vite svolto nell’arco di un decennio e i suoi risultati. Affascinante, a dir poco, per me che amo la genetica in tutte le sue declinazioni. Non vado oltre in questa sede, riprenderò l’argomento in un prossimo articolo.

Smetto di svolazzare tra i ricordi. E’ ora. Mi connetto via web al gruppo di degustazione, sempre orchestrato da Luciano Rappo. La prima persona che vedo è proprio Massimiliano Capoano. Via via tutti gli altri, compreso l’enologo dell’azienda Fabio Mecca.

Cominciamo con Antea Cirò Bianco DOP 2019: 13% in volume di alcool, 80% greco bianco e 20% mantonico, vendemmia in tempi diversi e raccolta manuale delle uve, pressatura soffice e vinificazione in acciaio. Il greco bianco, conosciuto anche come guardavalle bianco, ha probabilmente origine ellenica. Il mantonico bianco, la cui comparsa risale al periodo della colonizzazione greca, non deve essere confuso con il montonico o mantonico bianco italico. Verso il vino nel bicchiere, è di un luminoso color paglia dorato. S’impone al naso con carattere e profondità sfoggiando un patchwork di sensazioni olfattive. Macedonia di nespola, susina gialla, pesca noce, mela cotogna, fico d’India e arancia. Arricchita di fiori di ginestra e biancospino, rosa gialla, erba appena recisa e salvia. Nota finale di fiori d’acacia riscaldati dal sole. Il sorso è pieno, gustoso, fresco e di grande equilibrio. Il finale, lungo e sapido, è lievemente ammandorlato. Vino del Sud per sentori e corpo, estremamente pulito e moderno.

Continuiamo con Neruda Cirò Rosso Classico Superiore DOP 2018: 14% in volume di alcool, 90% gaglioppo e 10% merlot, raccolta manuale delle uve, vinificazione a temperatura controllata con lunga macerazione, maturazione in botte grande. Il gaglioppo nero, forse di origine greca, presenta alcune analogie genetiche con il frappato. Ha molti sinonimi, è diffuso in Calabria, nella zona di Cirò, nelle Marche, in Umbria, in Campania e, meno, in Sicilia. Il merlot, vitigno francese definito internazionale perché tra i più coltivati in ogni parte del mondo, è originario della Gironda. Da esso nascono alcuni dei più prestigiosi vini al mondo, in purezza o in blend. Dopo il consueto sguardo alle uve che lo compongono, passo al vino. Attraverso il cristallo, si concede vestito di un brillante rubino granato. L’impatto olfattivo è articolato, di gran carattere, ricco. Sfodera pian piano le sue virtù: prima prugna, ciliegia, mora e iris, poi pepe nero, bacca di ginepro, tabacco, liquirizia e rabarbaro. Chiude su note balsamiche e di confettura. Beh, se tanto mi da tanto, passo all’assaggio. Grande piacevolezza al palato, è coerente, pieno, rotondo e polposo. Il tannino è ben integrato. Scorrevole, agile, con spalla fresco sapida, durevole nell’epilogo. Un altro bel vino. 

La proposta dello chef Mattia Leonardelli del Ristorante Ca’ dei Boci di Mantegnaga di Piné è il Salmerino in carpione. L’abbinamento è con il Cirò Rosso, peraltro utilizzato anche per la riduzione. Ricordo che in questo caso il vino va servito ad una temperatura più bassa del solito. Il video della preparazione del piatto è visibile sul sito dell’associazione. Guardare e non…toccare! Anche questo webinar mi lascia la curiosità (e tanta acquolina in bocca) di provare realmente questa originale unione.

L’incontro enoico online è alle battute conclusive. Tanti i riscontri positivi per l’azienda Baroni Capuano di Cirò Marina e per i suoi due ottimi vini discussi nella serata. Un’altra interessante esperienza per tutti.

Gratitudine e soddisfazione accompagnano la buonanotte.

Ad Meliora et ad Maiora Semper.

Stefania Belcecchi